Con l’ensemble Spira mirabilis il concerto si trasforma in dibattito

Nelle formazioni cameristiche l’assenza di direttore risulta abbastanza usuale, in quanto il ruolo è svolto spesso dal primo violino.
Differente è il discorso nel caso delle i orchestre sinfoniche, per cui vi era grande curiosità intorno all’esibizione dell’ensemble Spira mirabilis, nell’ambito della Stagione dell’Associazione Alessandro Scarlatti.
La compagine, formata da 36 elementi italiani e stranieri, provenienti da orchestre prestigiose, non ha un direttore stabile, ma in realtà ogni elemento funge, nel suo piccolo, da direttore, poiché l’esecuzione scaturisce da un lungo processo di studio accurato e complesso della partitura, al quale collaborano tutti i musicisti.
Anche la formula proposta è molto particolare, poiché nella prima parte viene eseguita una composizione, mentre la seconda è dedicata al dibattito con il pubblico, per cui si va incontro a numerose variabili, alcune dipendenti dall’orchestra, altre meno.
Fra le prime, la più importante è sicuramente la scelta del brano da eseguire, tra le seconde risulta fondamentale il contributo degli spettatori alla discussione.
Nel concerto tenutosi nell’Auditorium di Castel S. Elmo, davanti ad un pubblico numerosissimo, la Spira mirabilis ha interpretato la Sinfonia n. 7 in la maggiore op. 92 di Beethoven, mettendo in evidenza il valore delle numerose individualità che compongono l’orchestra (su tutti la sezione degli archi e un vigorosissimo timpano), anche se così è venuta meno quella compattezza e quell’amalgama richieste da un brano di questo tipo.
Molto interessante il dibattito successivo, svoltosi purtroppo davanti ad una platea più che dimezzata, durante il quale gli orchestrali hanno dialogato con gli spettatori su vari argomenti.
Così è emerso, innanzitutto, che l’assenza del direttore viene sopperita con l’utilizzazione di varie forme di gestualità ed intesa reciproca.
Relativamente alla partitura, essa viene studiata accuratamente e collegialmente, per cui il risultato che ne scaturisce porta talora a tempi diversi da quelli ai quali siamo abituati (e la “Settima” non è sfuggita a questo particolare approccio).
Infine vi è la necessità, da parte di tutti i costituenti dell’ensemble, di attualizzare una musica definita “morta”, in quanto risalente a duecento anni fa.
Un’affermazione, quest’ultima, dalla quale dissentiamo, considerando la quantità di musica, scritta anche molto prima di Beethoven, che ancora oggi mantiene inalterata la propria vitalità.
In conclusione una serata che ha proposto un approccio sicuramente diverso dal normale, passibile di ulteriori miglioramenti, il cui scopo principale, che era quello di venire incontro agli interessi ed alle curiosità del pubblico, è stato svolto in modo esaustivo.

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3 risposte a Con l’ensemble Spira mirabilis il concerto si trasforma in dibattito

  1. Timoti Fregni ha detto:

    Mi permetto di intervenire per chiarire un fraintendimento che traspare dal Suo articolo: ciò che è “morto” non è certo la musica di Beethoven! Nessuno di noi lo pensa o non dedicheremmo la nostra vita alla musica d’arte ivi compreso l’immenso repertorio dei secoli passati se l’idea anche solo ci sfiorasse! Quello che abbiamo detto è che “la lingua” della musica di Beethoven è una lingua morta. Esempio, per capirci: il De brevitate vitae è attualissimo, ma questo non fa del latino una lingua viva.
    E’ importante capire che anche la musica è un linguaggio, con una sua gestualità, nella quale significato e significante non sono fusi in un unico informe fluire più o meno piacevole all’orecchio ma che ci sono -secondo noi e secondo ciò che stiamo studiando insieme- riferimenti semantici (e retorici) estremamente precisi che modernamente non vengono colti a causa di questo equivoco. Non vengono colti perché non capiamo più quella lingua, non è lingua corrente.
    Non è nostra intenzione “attualizzarla”: viceversa vorremmo avvicinarci a capirla per quel che è veramente, portando con noi chi ci ascolta, sapendo che suonarla oggi è già un’operazione di attualizzazione e cercando dunque di comprendere i rischi che questo implica. Percepire nel modo giusto la grande distanza che ci separa rende l’esperienza di questa musica molto più interessante e sfaccettata.

    Riguardo la “formula” che proponiamo, non si tratta -per noi- di un concerto in cui nella prima parte si suona e nella seconda si parla: è un appuntamento (per noi e per il pubblico) con un pezzo di musica, uno e uno solo. Finito di suonare, chi vuole può (e deve!) andarsene. Se ci sono domande o commenti, restiamo per rispondere… quindi il fatto che mezza sala sia rimasta mostra un interesse ragguardevole che ci ha positivamente colpiti!

    Il modo di suonare gestuale e fisicamente attivo non è messo in atto per sopperire all’assenza del direttore: chi si muove lo fa anche nelle proprie orchestre (a meno che non disturbi i colleghi)… semplicemente si muoverà secondo la musica che il direttore sta suggerendo. Ma non è vietato muoversi e respirare anche in orchestra, anzi le orchestre buone senz’altro lo fanno.

    Un’ultima cosa poi sparisco: niente di quel che facciamo è in alcun caso finalizzato al venire incontro agli interessi ed alle curiosità del pubblico! Non siamo un’orchestra da camera che cerca di fare carriera o concerti: il nostro è un progetto di solo studio, nato senza concerti. Poi è presto venuta l’esigenza di condivisione con un pubblico di quel che facciamo e sono venuti alcuni concerti, ma in nessun caso questi costituiscono un obiettivo del nostro lavoro o percorso.
    Non vendiamo niente a nessuno, il pubblico non è cliente, la musica non è prodotto (anche per questo non la vendiamo a tempo e suoniamo un solo pezzo a prescindere dalla sua durata), fare un'”offerta” che incontri qualsivoglia “domanda” non è tra i nostri obiettivi. Facciamo semplicemente ciò che noi riteniamo giusto e siamo felici se qualcuno lo trova interessante. Se ad un certo punto nessuno all’infuori di noi lo riterrà interessante, continueremo comunque a farlo in questo modo, viceversa se il pubblico lo riterrà interessante ma noi no, cambieremo.

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